Storie dalla corsia

di Rachele Giugni
in arte Dottoressa 8Volante

Non sappiamo quanti anni avesse…4 o 5, sappiamo il suo nome e ce lo porteremo sempre nel cuore. Non sappiamo praticamente niente né di lei, né della maggior parte dei bambini che incontriamo nei vari ospedali nei quali lavoriamo, eppure tutti sono speciali. Perché? Perché sono bambini. E nonostante questo abbiamo condiviso con lei un momento così delicato e importante.

Ero al Meyer con la Dott.ssa Amelia, avevamo appena finito il nostro giro in pediatria e mentre ci stavamo dirigendo nel reparto di oncologia, siamo state fermate nel corridoio davanti alla sala d’attesa da uno dei genitori presenti che ci dice: “è successa una cosa brutta, il nonno di quella bambina si è sentito male e lei ha assistito alla scena, adesso è sconvolta e impaurita, prendetevi cura di lei.”

Era proprio così…quella piccola bambina era sconvolta, impaurita, indifesa, sola, inconsapevole di quello che stava accadendo eppure al centro di quel dramma…

Con un tuffo al cuore, col respiro che lento si spezzava in gola siamo andate verso di lei. È come essere dentro una di quelle infinite bolle di sapone che ogni giorno facciamo…è come sentirsi elefanti su dei cristalli, bisogna esser cauti oculati, è tutto così dannatamente fragile e tu devi cercare di ricreare un equilibrio come funamboli su sottilissimi fili.

Il tempo si dilata e si restringe nel via vai di medici e macchinari di primo soccorso che entrano ed escono da quella sala…e tutte le volte che la porta si apre o si chiude, perdiamo lo sguardo di quella bambina che spaventata cerca di capire cosa succede a suo nonno.

Cambiamo la nostra posizione, ci avviciniamo lentamente…creiamo una distanza che ci permette di starle vicino, mi abbasso alla sua altezza e finalmente i suoi occhi sono nei miei e di rimando in quelli della Dott.ssa Amelia…quanta dolcezza può esserci nella magia, quanta!!! Ogni trucco che sappiamo fare, lo abbiamo reinventato per lei, non era il risultato a contare, ma il processo…e in questo lei piano si è sciolta e si è lasciata andare, ci ha permesso di entrare, di azzerare quella distanza, ci guardava con quegli occhi grandi profondi color nocciola scuro come a dirci: “sto con voi fatemi divertire!” Tutto si è come trasformato in un abbraccio senza costrizione. A volte Amelia era le braccia e io il corpo, e poi io le braccia e lei il corpo…ma lei la piccola era sempre al centro, era lei che colorava un libro che prima era bianco, era lei che faceva apparire e scomparire una rana dalla sua casetta viaggiante, era lei che faceva suonare tutte le cose.

Io e Amelia in una frazione di secondo e col coinvolgimento dei medici, abbiamo deciso di accompagnare la piccola in reparto dalla sorella più grande…sorrideva, sorrideva leggera senza mai staccarci gli occhi di dosso…la sorella non sapeva niente, ma era come se per un momento lunghissimo anche lei non si ricordasse quello che stava succedendo di là, era totalmente immersa nella magia….una magia che ha coinvolto tutte e due, fino a riuscire a far prendere un medicinale alla sorella che si ostinava a non ingerire, con lo sguardo della infermiera che ci diceva: “grazie Dott.sse!!!!”

 L’abbiamo salutata dopo l’arrivo della madre. L’abbiamo salutata a modo nostro, con una canzone. E lei rideva.

Lei aveva bisogno di noi e noi ci siamo prese cura di lei.

Non sappiamo praticamente niente di lei…conosciamo solo il suo nome, eppure abbiamo scritto insieme una pagina della sua vita.