Storie dalla Corsia

di Elena Garufi in arte Dott.ssa Perchè

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Prima parte

“Essere felici per essere andati in un ospedale! Che strana sensazione…” pensavo stamani alla fine del mio turno, mentre passeggiavo lungo il Tevere. Ma non felice perchè sono stata dimessa dall’ospedale, badate bene, felice di essere andata nuovamente a gironzolare per le stanze di un reparto del Bambino Gesù, nelle vesti della Dott. Perchè.
Oggi ho condiviso il turno con la Dott. Liquirizia, era dai tempi del tirocinio che non accadeva, probabilmente ero felice anche per questo. La nostra avventura è iniziata insieme, ormai 4 anni fa, al master per diventare Clown Ospedalieri all’ospedale Meyer di Firenze. Abbiamo condiviso lungo tempo insieme, ad allenarci e studiare, a divertirci e confrontarci, ed è diventata quella bella cosa chiamata amicizia.
Noi due, insieme ad altri colleghi, siamo considerati i “nuovi”, ovviamente rispetto alla lunga attività dell’associazione.
Fino a poco tempo fa la strutturazione dei turni era fatta di modo che un “nuovo” stesse sempre con un “anziano” del gruppo, per fornirgli una spalla esperta, ed è stato quindi particolare, oggi, essere “finalmente” sole dopo tanto tempo, io e lei, emozione e soddisfazione.
Ho la mente piena di ricordi di questa mattina.
Rispetto alle altre volte c’erano più ragazzine grandi, quasi adolescenti, così abbiamo potuto scherzare verbalmente tirandole in mezzo alle prese in giro per farle divertire, e fare magie più complesse con le carte, lasciandole di stucco.
Ricordo, in una stanza, A. una bimba con due guance infinitamente rotonde, e G. uno scugnizzo magro magro, con evidenza un bimbo con una malattia oncologica. Spesso è difficile distinguere il sesso di un bimbo che ha perduto tutti i capelli, chissà quante volte gli sarà già capitato, così mette le mani avanti e con gran foga ci specifica che lui è un “maschietto”. Loro già conoscevano altri clown e ci siamo fatte guidare dai loro desideri, aggiungendo cose speciali alle loro preferenze, facendo volare palline invisibili e catalizzando l’attenzione di tutto il personale medico riunito nella stanza, che si divertiva a vederli così vispi.
Dopo, nel corridoio, incontro una delle dottoresse, scherziamo un po’ come sempre, e all’improvviso mi dice, “brave, avete fatto ridere di gusto G. in genere lui è sempre molto triste e non sorride”, io d’istinto non ci credo, ma ad un certo punto realizzo che effettivamente è così, noi non siamo sempre nelle stanze per vedere come passano il tempo i bimbi e le loro famiglie. Io ho visto G. attivo, felice, in piedi sul letto, e A. dall’altro letto che appoggiava energicamente i giochi, mentre le mamme continuavano a dire che non sapevano come era possibile visto che erano debilitati dalla malattia e dalle cure e con le piastrine a terra. Nella mia mente li conservo come bambini pieni di vita…


…To be continued…

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