Il convegno di EFHCO visto dagli occhi di una volontaria

di Marta Scheggia

Il comico ha, in genere, una caratteristica singolare:
quella di poterci ingannare solo per un momento.
I. Kant.

Il 30 ottobre 2012 si è svolto il primo convegno internazionale della Federazione Europea delle Organizzazioni dei Clown ospedalieri (EFHCO) in occasione del XV anniversario di Soccorso Clown s.c.s. onlus.

A ospitare l’evento è stata la città di Roma, al Campidoglio, presso i Musei Capitolini. In particolare, a fare da scenografia è stata la sala Pietro da Cortona – il primo grande protagonista della pittura barocca degli anni venti del Seicento – all’interno della quale ci si ritrova immersi fra Urbano VIII, il Ratto delle Sabine, le Allumiere di Tolfa e il David. Eppure, l’arte del passato non era che uno sfondo trascurabile: i riflettori erano tutti puntati su un’altra arte!

Lungo il corridoio, fra le comode e affollate sedioline in legno, ha sfilato un esercito di professionisti dello spettacolo al servizio della Sanità fra cui: il dottor Bretella, la dottoressa Patata, la dottoressa Girandolina, la dottoressa Lungalù, il dottor Dudi, il dottor Questo, la dottoressa Vitamina, la dottoressa Pasticcio… Con il coordinamento artistico di Vladimir Olshansky (dottor Bobo) gli oggetti non avevano più il loro senso e il loro utilizzo abituale: i camici bianchi erano spettacolari costumi colorati e decorati, dalle cui tasche facevano capolino insoliti arnesi, i peluches prendevano vita e abbandonavano il loro stato di esseri inanimati, i trucchi non erano più soltanto strumenti di make up, le mollette per il bucato ornate legavano i capelli, i cappelli più bizzarri venivano sfoggiati e le pungenti e spaventose siringhe si trasformavano in magici strumenti musicali capaci di produrre un’allegra melodia…

Al tavolo degli ospiti, i microfoni facilitavano l’ascolto di voci importanti e di parole pesate e profonde – fortunatamente tradotte in italiano dagli interpreti dell’associazione Assointerpreti.

A tenere in mano il filo rosso di ogni intervento: il direttore generale Yury Olshansky.

L’assessore Gianluigi De Palo – assessorato alla Famiglia, all’Educazione e ai Giovani di Roma Capitale – che ha concesso il patrocinio all’evento, ha dato inizio agli interventi, parlando della missione e della vocazione dei clown ospedalieri in termini di servizio al bene comune e di esperienza da non banalizzare, nella quale l’improvvisazione deve completamente lasciare il posto a una seria competenza che diviene, in questo modo, una forma fruttuosa di carità e di amore. Poi, ha strappato un sorriso a tutti ricordando il memorabile motivetto della governante più celebre di tutti i tempi, Mary Poppins: «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù!».

In seguito, parlando sempre dello specifico lavoro di Soccorso Clown conosciuto dai relatori presenti da oltre 12-15 anni di collaborazione, è intervenuta la dott.ssa Carla Maria Carlevaris – responsabile della Ludoteca dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha focalizzato l’attenzione sulla situazione del bambino ospedalizzato che si deve inserire in un contesto particolare. È circondato perlopiù da persone sconosciute, dai ruoli non sempre a lui chiari in una situazione così diversa dal suo quotidiano, lontano da casa, dalle abitudini, limitato nel gioco, faccia a faccia con la propria sofferenza e quella dei propri genitori… si acuiscono la sua fragilità e vulnerabilità rendendolo particolarmente sensibile ed esigente. L’intervento professionale e artistico del clown deve inserirsi nell’insieme di queste circostanze, comprendendo l’importanza che l’ambiente riveste. Egli deve tenere in grande considerazione anche l’aspetto emozionale, cogliendo e sfruttando ogni occasione, senza interrompere mai la propria missione, ma cercando di umanizzare le strutture e riportare l’individuo, quanto più possibile, in una dimensione di quotidianità.

Quella del clown ospedaliero di Soccorso Clown non è una maschera che si smette di indossare! È una vocazione incarnata.

Maria Baiada – referente dei progetti di accoglienza dei bambini della Fondazione dell’ospedale pediatrico Anna Meyer ONLUS di Firenze – ha illustrato alcuni progetti finanziati con fondi sociali europei, che sono attualmente in via sperimentale. Migliorando la qualità della vita del bambino migliora, di conseguenza, quella di tutta la comunità.

Il fulcro dell’incontro è stato l’intervento di Michael Christensen, in arte Doctor Stubs, il fondatore negli anni 1980 del Big Apple Circus e della Clown Cure Unit di New York, USA – che ha raccontato l’esperienza di un trauma personale, la morte del fratello, che è stato un prezioso input per tutto il seguito: un vuoto che ha lasciato posto alla creatività. Ha anche sottolineato la similitudine fra l’ambito ospedaliero e quello della strada: entrambi contesti che cambiano costantemente, nei quali ci si trova normalmente di fronte all’inaspettato e all’imprevisto. È proprio per questo che sono necessarie competenze specifiche professionali – recitazione, giocoleria, tecniche circensi, conoscenze musicali – e una fondamentale collaborazione con lo staff medico e infermieristico.

Monica Culen – presidente EFHCO e dei Rotten Nasen, Austria – ha esposto l’importanza della missione comune, della condivisione di proposte, idee, esperienze, conoscenze, ma anche di errori. Ha elogiato l’alto livello della qualità del servizio offerto, svelando che il segreto è il molto lavoro che c’è dietro le quinte: una formazione continua e specifica.

La prof.ssa Anna Clerico – responsabile della UOC di Onco-ematologia pediatrica al Policlinico Umberto I di Roma – ha introdotto il proprio intervento con un appunto biologico: le attività di un clown ospedaliero producono un aumento di endorfine[1] e sono, quindi, importanti nella terapia non farmacologica del dolore, poiché servono anche a ridurre le quantità di farmaci analgesici: sono un vero e proprio sussidio terapeutico.

Citando una frase tratta da un famoso film con protagonista Robin Williams : «Se si cura una malattia si vince o si perde, ma se si cura una persona si vince sempre».

Pasquale Tulimiero – Presidente dell’Associazione dei Genitori Noi per Voi Onlus (FI) e Presidente FIAGOP Onlus, Italia – che ha finanziato il primo progetto pilota di clown terapia professionale in Italia, proveniente dalla Clown Care Unit nella persona di Vladimir Olshansky, ha parlato del ruolo indispensabile del fantasticare e del progettare qualcosa per gli altri nell’inizio del percorso della clown-terapia: un professionista dello spettacolo con un talento comico formato a lavorare in ospedale,  riesce a coniugare una enorme empatia con una seria capacità di collaborazione al fine di regalare un sorriso a ogni bambino, attraverso un intervento di grande qualità.

Il prof. Mario Messina – responsabile di Chirurgia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese – ha ribadito quanto fortemente stress e sintomi correlati possano influire sia sulla psiche che sul fisico. Ed è qui che si esalta il profondo valore della terapia anestetica del sorriso, specie nella preparazione agli interventi in sala operatoria, che al risveglio dall’anestesia.

Dice Il piccolo principe di Antoine De Saint-Exupéry: «Tutti i grandi sono stati bambini, ma pochi di essi se ne ricordano».

La dott.ssa Daniela Meucci – Chirurgia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese – ha esposto i risultati di alcuni test di una ricerca sulla complessa relazione fra infermiere pediatrico e clown ospedaliero. È importante creare un’interazione fra queste due figure professionali, tramite una formazione reciproca di tutto lo staff ospedaliero, soprattutto per ridurre le emozioni nocive di ansia nella gestione pre e post-operatoria.

La dott.ssa Laura Vagnoli – psicologa, Terapia del dolore e cure palliative presso l’azienda ospedaliera universitaria Meyer di Firenze – ha esposto delle indagini e delle ricerche in merito al ruolo dei clown professionisti dello Spettacolo nell’ospedale pediatrico, mostrando alcuni disegni fatti dai bambini divisi in due gruppi di ricerca: un bambino, che aveva usufruito delle attività del clown, disegna nella sala operatoria addirittura una finestra – realmente non presente nella sala – da dove entra la luce, simbolo di apertura e di speranza. Invece, nel disegno di un bambino che era arrivato in sala operatoria senza l’accompagnamento della terapia del sorriso, emerge in maniera lampante l’emozione di paura e di ansia dietro l’immagine di un fulmine disegnato nello schermo di un enorme macchinario, in realtà non presente nella stanza.

Come scrisse Jacques Lecoq: «On ne joue pas à être clown, on l’est!»

Alla fine due clown ospedalieri veterani di Soccorso Clown hanno esposto le loro personali testimonianze, soffermandosi su alcuni punti cruciali: l’importanza di conoscere ogni singolo bambino, che suggerisce la tecnica da utilizzare e aiuta a modulare, con discrezione e rispetto, l’intervento in base alle differenti caratteristiche, evitando di imporre la propria figura che altrimenti potrebbe risultare compromettente. Soprattutto per questo non ci si deve chiudere nella performance, ma rimanere attenti e vigili a tutto quello che sta intorno, aperti e ricettivi rispetto al contesto. La lezione che se ne trae è che ci si deve affidare al linguaggio del corpo che fa dimenticare qualsiasi distanza e fa entrare in contatto diretto. Ogni clown si propone come personaggio, ma non per questo smette di essere persona. Incontro e relazione appaiono come le due parole-chiave di questa esperienza: in senso temporale, incontro e relazione fra passato, presente e futuro; in senso spaziale, fra i vari Paesi europei; in senso disciplinare, fra varie arti e scienze; e in senso più strettamente umano, incontro e relazione fra le persone. I confini fra il mondo della scienza e quello della vita vengono a cadere. Quando si tratta dell’applicazione di conoscenze scientifiche alla propria salute, non si può venire curati soltanto dal punto di vista scientifico[2].


[1] Le endorfine sono un gruppo di sostanze prodotte dal cervello nel lobo anteriore dell’ipofisi, classificabili come neurotrasmettitori e dotate di proprietà analgesiche.

[2] Hans Georg Gadamer, Dove si nasconde la salute, Raffaello Cortina, Milano 1994, p. 1.

Questo articolo è stato pubblicato in Eventi il 19/04/2024 da .