di Gianna Deidda
in arte Dottoressa Amelia
Eravamo a Massa, nel reparto di cardiologia pediatrica. Ero insieme al dottor Billi, esperto in bolle di sapone. Entriamo nella stanza di un bambino keniota che era stato operato da poco. Aveva, se non ricordo male, sette anni, ma sembrava più piccolo, un bimbo magro magro con due grandi occhioni. Come ci dice l’educatore che lo accompagna, un ragazzo di un’organizzazione per la cooperazione internazionale che gli fa anche da interprete, l’operazione al cuore è riuscita e fisicamente sta abbastanza bene, ma ha paura di alzarsi dal letto, e così non cammina.
Cominciamo molto delicatamente: bolle di sapone (le nostre pillole universali, quelle al cui inventore dovrebbero dare il Nobel, come dice il dottor Billi), qualche giochino con le palline di spugna, qualche gag molto leggera per non spaventarlo. Sta attento, sorride un po’, risponde a voce bassissima, molto timidamente, mentre l’educatore traduce le nostre pochissime parole. Poi, anche per le difficoltà della lingua, proviamo con la musica, una canzone. Io con l’ukulele, il dottor Billi con la sua trombetta laconica a due note, e per il bambino una maraca da agitare a tempo. La musica gli piace molto, e l’educatore, attento e abilissimo, gli chiede se vuole fare una passeggiatina e lo aiuta ad alzarsi a suon di musica. Come dei pifferai magici senza piffero, usciamo dalla stanza suonando insieme a lui e nel corridoio ci vengono appresso gli infermieri e i medici del reparto, così che facciamo tutti in fila un piccolo corteo, una banda improvvisata col bambino in testa e noi dietro, cantando e suonando e ballonzolando al ritmo della sua maraca. Certo non è un miracolo, ma ci sentiamo un po’ in stato di grazia…